Non c'è un minuto in questo film che trasmetta finzione, non c'è la minima aria di letteratura.
La vita aspra e desolante del sotto proletariato nella periferia romana è resa magnificamente, assomiglia a quella dolente di qualsiasi grande città nel mondo, con la sua lotta per emergere dal disagio.
Mirco e Manolo sono due ragazzi di borgata coinvolti in un incidente d'auto nel quale muore un "infame", un pentito, ex affiliato a un clan criminale.
Questo atto da involontari giustizieri li proietta nel giro della malavita e nelle sue losche trame.
Armi, denaro facile e sesso a comando tolgono ogni inibizione ai nuovi adepti, in situazioni che sembrano prese dalla cronaca nera. Il senso di colpa è sopito e cacciato nell'inconscio.
Tornerà?
Ho adorato la recitazione di Matteo Olivetti, un magnifico esordiente sanguigno e molto preso nel suo ruolo.
I fratelli D'Innocenzo, che sembrano gli stralunati nipoti di Enrico Ghezzi, sono una piacevole speranza del cinema italiano.